domenica 5 aprile 2009

VEDI ACERRA e poi MUORI di DARIO DE ROSA.

Vedi Acerra e poi muori

di Dario De Rosa

Premessa
Il 26 marzo 2009, giorno dell'inaugurazione dell'inceneritore, ero al corteo ad Acerra contro l'apertura dell'ecomostro. Ero in compagnia di tanta gente perbene, cittadini non tutti del posto, ma tutti stanchi di subire la prepotenza di un governo che ha usato la forza dei militari per imporre una scelta contro la nostra volontà.
Ritengo colpevole il ruolo dell'informazione di massa che, diventata ormai cane da compagnia e non più da guardia della politica, ha raccontato una storia del tutto diversa dai comprovati studi epidemiologici che accertano i danni degli inceneritori all'ambiente e alla salute.
Dovevo la mia presenza alla gente che non conosce la verità; la dovevo a noi stessi, perché ne subiremo le conseguenze; la dovevo alle generazioni future che si ritroveranno a dover vivere in un mondo devastato dalle scellerate scelte dell'uomo.
La storia in pillole
Del “triangolo della morte”, Acerra è uno dei vertici. In questa terra un tempo fertile, parte della Campania Felix, la camorra ha sversato migliaia di tonnellate di rifiuti con la compiacenza e la complicità della politica.
Acerra ospita anche la famosa Montefibre, balzata agli onori della cronaca intorno alla metà degli anni '80, a causa dell'avvelenamento del territorio provocato dai rifiuti industriali sotterrati per risparmiare sullo smaltimento. Per tali motivi, ad Acerra la diossina presente nell'aria ha raggiunto già da decenni livelli stratosferici, e la mortalità per cancro e altre patologie è molto più alta rispetto alla media italiana. Una volta eravamo conosciuti per la miglior mozzarella del mondo, la mozzarella di bufala. Adesso la mozzarella è alla diossina, e tutto il comparto agroalimentare ha avuto una battuta d'arresto.
E allora qualcuno avrà pensato: in questo territorio incontaminato, perché non aggiungerci anche l'inceneritore! Ci è voluto più tempo del previsto, ma alla fine ce l'hanno fatta.
La gara d'appalto per la costruzione dell'inceneritore fu vinta nel 1998 dalla Fibe, società del Gruppo Impregilo che ha avuto vari guai con la giustizia. Riferendoci agli ultimi avvenimenti, lo scorso gennaio sono stati rinviati a giudizio Angelo Pelliccia, direttore generale di Fibe e Fibe Campania, e Massimo Malvagna, amministratore delegato delle due società, nell'ambito della “Operazione Rompiballe”. I pm Sirleo e Noviello della Procura di Napoli contestano agli indagati (tra i quali c'è anche la vice di Bertolaso, Marta De Gennaro), reati che vanno dal traffico illecito di rifiuti, alla truffa aggravata ai danni dello Stato, al falso ideologico in atto pubblico.
La Fibe si aggiudicò l'appalto nonostante avesse raggiunto il punteggio più basso dal punto di vista progettuale ma avendo proposto l'offerta economica migliore; si è quindi considerato come parametro decisivo il risparmio piuttosto che l'impianto “meno peggio”.
Nel corso degli anni, l'inceneritore è stato più volte sequestrato perché non a norma. In pratica a Napoli qualcuno comincia ad accorgersi che l'unico interesse della Fibe è quello di fare affari.
Ma come si può guadagnare dai rifiuti? Vediamo allora più da vicino il caso Acerra.
La favoletta che negli ultimi tempi Bassolino & Co. ci stanno raccontando è che l'inceneritore è indispensabile per uscire dall'emergenza che attanaglia la Campania da quindici anni.
I politici (ci avete fatto caso che il consenso agli inceneritori è trasversale?) sono convinti che la raccolta differenziata da sola non basta a riciclare tutti i rifiuti. Molte realtà straniere dimostrano il contrario; in ogni caso sarebbe già un grande passo in avanti avviare una seria raccolta differenziata, ma questo non avviene.
L'impianto di Acerra è stato costruito per smaltire 750.000 tonnellate di rifiuti all'anno. Poiché la Campania produce 6.500 tonnellate di rifiuti al giorno, con una raccolta differenziata al 50% ed un 30% di umido da trasformare in compost, letonnellate di rifiuti da smaltire ogni anno sarebbero circa 500.000, due terzi della portata dell'inceneritore acerrano.
Perché allora è stato costruito un impianto di tali dimensioni e ci dicono che ce ne vorranno altri due delle stesse dimensioni? La risposta è lampante: l'inceneritore di Acerra non è stato costruito, come avviene in Europa, per bruciare CDR dopo aver effettuato la raccolta differenziata, bensì per bruciare rifiuti tal quali, ovvero rifiuti indifferenziati, con danni ancora più seri per la nostra salute. Per ottenere tali risultati, non solo non si farà la raccolta differenziata, ma dovremo anche importare i rifiuti.
In questo modo i soliti noti avranno profitti esorbitanti, e ciò grazie alla sigla magica “CIP6”.
I CIP6 sono quei contributi statali che inizialmente furono destinati al finanziamento delle energie rinnovabili, attraverso la maggiorazione del 7% del prezzo dell'elettricità; quindi noi cittadini paghiamo un'altra piccola tassa sulla bolletta Enel. Successivamente, la norma fu modificata aggiungendo la dicitura “o assimilate”. Questa piccola estensione cambia l'impostazione originaria ed ogni anno la lobby inceneritorista incassa miliardi di euro nonostante l'energia non venga prodotta da fonti rinnovabili ma, nel nostro caso, dalla combustione di rifiuti (anche se in realtà non è così perché il bilancio energetico è in passivo: ci vuole più energia per bruciare i rifiuti, di quanta se ne ricava).
Dicendola in una battuta, vale l'assunto che più l'inceneritore brucia rifiuti, più chi ci sta dietro ci guadagna. Non dimentichiamo poi che il D.L. 23.5.2008, n. 90, che deve disciplinare gli interventi relativi all'emergenza, contiene innumerevoli deroghe che violano fondamentali principi costituzionali, in materia di giurisdizione, come affermato dal giurista Stefano Rodotà.
I danni alla salute
Un'altra storia – la più importante – che ci viene continuamente raccontata è che l'inceneritore è un impianto sicuro che non crea danni né all'ambiente né tantomeno alla nostra salute. Peccato che esistono studi scientifici italiani ed internazionali che dimostrano esattamente l'opposto.
Gli effetti micidiali derivanti dalla presenza di queste particelle sono stati scoperti e descritti in varie pubblicazioni dagli scienziati Stefano Montanari ed Antonietta Gatti; esistono rapporti sulla salute di associazioni di medici francesi e britannici che descrivono le malattie da nanopolveri. L'oncologa Patrizia Gentilini (ISDE Italia) e Paul Connett, Professore di Chimica della St. Lawrence University, si battono da anni per illustrarci cosa creano questi impianti e per proporre le soluzioni al problema.
Dalla combustione di una tonnellata di rifiuti e di una tonnellata di altri materiali (acqua, calce, ammoniaca) indispensabili per l'incenerimento dei rifiuti, vengono prodotti 300 kg di ceneri solide tossiche da smaltire, 650 kg di acqua di scarico da depurare e fumi, sottoforma di diossine, nanopolveri, ed altre sostanze.
Le nanopolveri non vengono bloccate dai filtri dell'inceneritore perché troppo piccole di diametro (da Pm 2 a Pm 0,1). Una volta nell'aria, si propagano per centinaia di chilometri trasportate dalle correnti e si depositano nei nostri tessuti perché l'organismo non riesce ad eliminarle.
Le nanopatologie sono rappresentate da malformazioni fetali, tumori, infarti, ictus, Alzheimer e Parkinson. Tutto questo senza dimenticare che anche le altre sostanze sono cancerogene e provocano danni micidiali al nostro organismo. Così facendo, la gente si ammalerà e l'Italia non rispetterà il Protocollo di Kyoto.
La vera soluzione
Non si investe più in impianti di questo genere, e non potrebbe essere altrimenti, visto che non riuscirebbero a sostenersi senza i contributi pubblici. E probabilmente all'estero hanno anche a cuore la salute dei cittadini.
Una classe politica onesta e responsabile dovrebbe percorrere strade diverse, adesempio quella detta “Zero Waste”, praticata a San Francisco, in Australia, in Canada con risultati eccellenti.
Una vera politica per lo smaltimento dei rifiuti dovrebbe prevedere la riduzione dei rifiuti prodotti (meno imballaggi, meno confezioni monouso, meno plastica), una raccolta differenziata spinta porta a porta che darebbe lavoro a tante persone e farebbe risparmiare soldi ai cittadini se solo la Tarsu fosse calcolata non sulla cubatura dell'abitazione, ma sull'effettiva quantità di rifiuti prodotti; ed infine dovrebbe provvedere al riciclaggio di alcuni materiali.
A quel punto, il 10% di rifiuto indifferenziato può essere trattato in impianti TMB (trattamento meccanico biologico), i quali non implicano l'emissione di nanoparticelle e altre sostanze cancerogene, ma anzi trasformano i rifiuti in prodotti come sabbie sintetiche che vengono utilizzate nell'edilizia.
Ho però l'impressione che la nostra politica persegua altri obiettivi.
Paul Connett è solito dire: “Dove c'è un inceneritore c'è ignoranza o corruzione. Non esistono altre possibilità”.
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